Definizione coordinativa – Wikipedia

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Postulato che attribuisce un significato parziale ai termini teorici di una teoria scientifica

UN definizione coordinativa è un postulato che assegna un significato parziale ai termini teorici di una teoria scientifica correlando gli oggetti matematici della puro o aspetti formali/sintattici di una teoria con oggetti fisici nel mondo. L’idea è stata formulata dall’art positivisti logici e nasce da a formalista visione della matematica come pura manipolazione di simboli.

Per comprendere le motivazioni che hanno ispirato lo sviluppo dell’idea di definizioni coordinative, è importante comprendere la dottrina del formalismo così come è concepita in filosofia della matematica. Per i formalisti, la matematica, e in particolare la geometria, è divisa in due parti: l’ puro e il applicato. La prima parte consiste in un sistema assiomatico non interpretato, o calcolo sintattico, in cui termini come punto, linea retta E fra (i cosiddetti termini primitivi) hanno il significato assegnato implicitamente dagli assiomi in cui compaiono. Sulla base di regole deduttive eternamente specificate in anticipo, la geometria pura fornisce un insieme di teoremi derivati ​​in modo puramente logico dagli assiomi. Questa parte della matematica è quindi a priori ma privo di ogni significato empirico, non sintetico nel senso di Kant.

È solo collegando questi termini e teoremi primitivi con oggetti fisici come righelli o raggi di luce che, secondo il formalista, la matematica pura diventa matematica applicata e assume un significato empirico. Il metodo per correlare gli oggetti matematici astratti della parte pura delle teorie con gli oggetti fisici consiste nelle definizioni coordinative.

Era caratteristico del positivismo logico considerare una teoria scientifica come niente altro che un insieme di enunciati, suddivisi nella classe degli enunciati teorici, nella classe degli enunciati osservativi e nella classe degli enunciati misti. La prima classe contiene termini che si riferiscono ad entità teoriche, cioè ad entità non direttamente osservabili come elettroni, atomi e molecole; la seconda classe contiene termini che denotano quantità o entità osservabili, e la terza classe è costituita proprio dalle definizioni coordinative che contengono entrambi i tipi di termini perché collegano i termini teorici con procedure empiriche di misurazione o con entità osservabili. Ad esempio, il interpretazione di “il geodetico tra due punti” come corrispondente al “percorso di un raggio luminoso nel vuoto” fornisce una definizione coordinativa. Questa è molto simile, ma distinta da un definizione operativa. La differenza è che le definizioni coordinative no necessariamente definire termini teorici in termini di procedure di laboratorio o di sperimentazione, come fa l’operazionalismo, ma può anche definirli in termini di osservabilità o empirica entità.

In ogni caso, tali definizioni (chiamate anche leggi ponte O regole di corrispondenza) si riteneva che servissero a tre scopi importanti. In primo luogo, collegando il formalismo non interpretato con il linguaggio dell’osservazione, permettono di attribuire alle teorie un contenuto sintetico. Nella seconda, a seconda che esprimano un contenuto fattuale o puramente convenzionale, consentono la suddivisione della scienza in due parti: una fattuale e indipendente dalle convenzioni umane, l’altra non empirica e convenzionale. Questa distinzione ricorda la divisione della conoscenza di Kant in contenuto e forma. Infine, consentono di evitare certi circoli viziosi che si creano in questioni come la misurazione della velocità della luce in una direzione. Come è stato sottolineato da John Norton a proposito di Hans Reichenbachsulla natura della geometria: da un lato, non possiamo sapere se esistono forze universali finché non conosciamo la vera geometria dello spaziotempo, ma dall’altro non possiamo conoscere la vera geometria dello spaziotempo finché non sappiamo se esistono forze universali. Tale circolo può essere spezzato mediante una definizione coordinativa (Norton 1992).

Dal punto di vista dell’empirista logico, infatti, la questione della “vera geometria” dello spaziotempo non si pone, dato che risparmiando, ad es. Geometria euclidea introdurre forze universali che fanno contrarre i governanti in determinate direzioni, o postulare che tali forze siano pari a zero, non significa salvare la geometria euclidea dei reale spazio, ma modificando soltanto le definizioni dei termini corrispondenti. Non ci sono realmente due teorie incompatibili tra cui scegliere, nel caso della vera geometria dello spaziotempo, per l’empirista (geometria euclidea con forze universali non uguali a zero, o geometria non euclidea con forze universali uguali a zero), ma solo una teoria formulata in due modi diversi, con significati diversi da attribuire ai termini fondamentali sulla base di definizioni coordinative. Tuttavia, dato che, secondo il formalismo, la geometria interpretata o applicata fa hanno contenuto empirico, il problema non si risolve sulla base di considerazioni puramente convenzionalistiche e sono proprio le definizioni coordinative, su cui grava l’onere di trovare le corrispondenze tra oggetti matematici e fisici, a fornire la base per una scelta empirica.

Il problema è che le definizioni coordinative sembrano porre la domanda. Poiché sono definiti in termini convenzionali e non empirici, è difficile vedere come possano risolvere questioni empiriche. Sembrerebbe che il risultato dell’uso di definizioni coordinative sia semplicemente quello di spostare il problema della descrizione geometrica del mondo, ad esempio, nella necessità di spiegare le misteriose “coincidenze isomorfe” tra le convenzioni date dalle definizioni e la struttura delle definizioni. mondo fisico. Anche nel semplice caso in cui si definisce “la geodetica tra due punti” come la frase empirica “un raggio di luce nel vuoto”, la corrispondenza tra matematico ed empirico rimane inspiegata.

  • Norton, J. L’argomento del buco In Atti del Convegno Biennale del 1988 dell’Associazione di Filosofia della Scienza. vol 2. pp. 55–56.
  • Boniolo, Giovanni e Dorato, Mauro. Dalla Relatività galileiana alla relatività generale (“Dalla relatività galileiana alla relatività generale”) in Filosofia della Fisica ed. Giovanni Boniolo.
  • Reichenbach, Hans. La filosofia dello spazio e del tempotrad. italiano come La Filosofia dello Spazio e del Tempo. Feltrinelli. Milano. 1977.


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