Terzo girone dell’inferno – Wikipedia

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Parte della Divina Commedia

Un'illustrazione color seppia di un paesaggio disseminato di corpi; Dante, Virgilio e Cerbero stanno sotto la pioggia
In mezzo alla pioggia, Dante e Virgilio incontrano Cerbero, come illustrato da Stradano

IL terzo girone dell’inferno è raffigurato in Dante Alighieri‘S Infernola prima parte del poema del XIV secolo Divina Commedia. Inferno racconta la storia del viaggio di Dante attraverso una visione del L’inferno cristiano ordinato in nove cerchi corrispondenti alle classificazioni del peccato; il terzo cerchio rappresenta il peccato di golositàdove le anime dei golosi vengono punite in un regno di fango ghiacciato.

All’interno del terzo cerchio, Dante incontra un uomo di nome Ciaccocon il quale discute del conflitto contemporaneo tra i Guelfi e Ghibellini In Firenze; il cerchio è abitato anche dal segugio a tre teste Cerberoche tormenta i peccatori lacerandoli.

Piuttosto che concentrarsi su contrapasso punizione dei dannati, la rappresentazione dantesca del terzo girone dell’inferno utilizza la figura di Ciacco – la cui storicità è contestata – per esplorare la politica di Firenze, che in precedenza aveva portato l’autore all’esilio dalla città sotto pena di morte. In quanto tale, la poesia traccia un parallelo tra la gola e la sete di potere.

Un'incisione di Ciacco che si rivolge a Dante
Ciacco parla a Dante delle lotte fiorentine, in un’incisione di Gustav Doré

Inferno è la prima sezione di Dante Alighieriè una poesia in tre parti Commediaspesso noto come Divina Commedia. Scritta all’inizio del XIV secolo, le tre sezioni dell’opera raffigurano Dante guidato attraverso i concetti cristiani dell’inferno (Inferno), purgatorio (Purgatorio), E paradiso (Paradiso). Inferno raffigura una visione dell’inferno diviso in nove cerchi concentrici, ciascuno dei quali ospita anime colpevoli di una particolare classe di peccati.

Guidato dalla sua guida, il poeta romano VirgilioDante entra nel terzo girone dell’Inferno Inferno‘S Canto VI. Dante si risveglia dopo essere svenuto secondo girone dell’infernoe vede che il terzo cerchio è assediato da un torrente di grandine ghiacciata e pioggia, che putrefa il terreno. Il cane a tre teste Cerbero si avvicina e viene messo a tacere da Virgilio, che gli dà da mangiare diverse manciate del denso fango che costituisce il terreno. Cerbero funge da tormentatore in questo circolo; lacerando i dannati e urlando costantemente per la fame.

Dante e Virgilio percorrono ulteriormente il terzo cerchio, calpestando i corpi prostrati dei golosi, che vengono puniti giacendo a faccia in giù nel fango ghiacciato, lasciati ciechi e insoddisfatti. Un’anima saluta la coppia, identificandosi come Ciaccooriginario di Firenze. Ciacco e Dante discutono del conflitto politico tra i Guelfi e ghibellini fazioni in città, con Ciacco che offre una profezia secondo cui ciascuna parte manterrà brevemente il controllo di Firenze. Ciacco chiede a Dante di parlare benevolmente di lui quando ritornerà nel mondo mortale. Mentre Dante e Virgilio lasciano il cerchio, Virgilio spiega che le punizioni per i peccatori all’inferno diventeranno più severe dopo la morte. Ultimo Giudizio.

Rappresentazione ad acquerello di Cerbero di William Blake
Cerbero nel terzo girone dell’inferno, come raffigurato da William Blake

La presenza di Cerbero nel terzo girone dell’inferno è un altro esempio di figura mitologica dell’antica Grecia adattata e intensificata da Dante; come con Caronte E Minosse nei canti precedenti Cerbero è una figura associata al Malavita greca nelle opere di Virgilio e Ovidio che è stato riproposto per la sua apparizione in Commedia. Virgilio che calma Cerbero con bocconi di terra è un’allusione a Virgilio Eneidedove il segugio viene ugualmente messo a tacere con torte al miele.

Non è noto se l’uomo di nome Ciacco sia realmente esistito o sia stato inventato da Dante. Il suo nome è stato letto come un gioco di parole sulla parola “maiale” (ciacco), anche se il tono con cui Dante si rivolge a lui lascia intendere che possa trattarsi di un nome proprio e non di scherno. Giovanni Boccaccioun altro scrittore della città natale di Dante, Firenze, usa anche il carattere in Il Decameronanche se non è chiaro se ciò sia basato sul Inferno o sulla familiarità condivisa con un personaggio storico.

La conversazione di Dante con Ciacco viene utilizzata per raccontare la lotta tra le fazioni guelfa e ghibellina che si contendevano il controllo di Firenze durante la vita di Dante; IL Commedia fu scritta mentre Dante era in esilio dalla città condannato a morte in contumacia. Al tempo dell’esilio di Dante, i Guelfi, che avevano sostenuto l’influenza del papato in Italia rispetto alla preferenza ghibellina per il Sacro Romano Imperatoresi era frantumato “bianco” e “nero” fazioni divise sul sostegno al papa Bonifacio VIII. I guelfi bianchi, ai quali apparteneva Dante, favorirono l’autonomia fiorentina e si opposero a Bonifacio; il loro controllo iniziale sulla città terminò quando i guelfi neri, aiutati dalle truppe papali, riconquistarono la città nel 1301.

Un'illustrazione manoscritta della morte di Bonifacio VIII
I guelfi di Firenze erano divisi sul sostegno a Bonifacio VIII (illustrato); questo conflitto è al centro di Inferno‘S canto VI.

La rappresentazione dell’inferno di Dante è di ordine, a differenza delle rappresentazioni contemporanee che, secondo lo studioso Robin Kirkpatrick, erano “raffigurate come caos, violenza e bruttezza”. Kirkpatrick traccia un contrasto tra la poesia di Dante e gli affreschi di Giotto In Padova‘S Cappella degli Scrovegni. L’inferno ordinato di Dante è una rappresentazione dell’universo strutturato creato da Dio, che costringe i suoi peccatori a usare “intelligenza e comprensione” per contemplare il loro scopo. La suddivisione in nove parti dell’inferno è influenzata da Modello tolemaico della cosmologia, che similmente divideva l’universo in nove sfere concentriche.

Il terzo girone dell’inferno vede l’uso di contrapassoun tema in tutto il Divina Commedia. Derivato dal latino contra (“in cambio”) e pat (“soffrire”), contrapasso è il concetto di sofferenza nell’aldilà essendo un riflesso dei peccati commessi in vita. Questa nozione deriva sia da fonti bibliche come i libri di Deuteronomio E Leviticocosì come gli scrittori classici Virgilio e Seneca il Giovane; Quello di Seneca Ercole Furente esprime il concetto che “quod quisque fecit patitur“, ovvero “ciascuno soffre ciò che ha fatto”. Nel terzo cerchio, i caldi conforti della golosità sono puniti con un nevischio gelido, dove i peccatori ululano come cani affamati; il fango e la melma sono un riflesso del loro eccesso.

Dante usa il terzo girone dell’inferno per discutere di politica contemporanea; sebbene non vi sia un chiaro legame politico con il peccato di gola, Dante paragona la città di Firenze a uno stomaco sovralimentato, “tanto pieno di invidia” da traboccare. Unn Falkeid, nel suo libro Il papato avignonese contestato: una storia intellettuale da Dante a Caterina da Sienarileva che il canto si concentra sulla “sete insaziabile di potere” piuttosto che sul “cibo, bevande e desideri corporali” attesi dalla golosità epicurea. Falkeid mette a confronto anche le fazioni della “città divisa” di Firenze con i corpi lacerati lasciati da Cerbero in questo canto, “con l’effetto di respingere (…) ogni tentativo di riunirli in un’unità armonica”.


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